L’Agenzia delle entrate, con risposta a interpello n. 328 dell’11 maggio 2021, ha ritenuto che le somme rimborsate sulla base di un criterio forfetario dalla società ai propri dipendenti che svolgono la loro attività lavorativa in smart working, non supportato da elementi e parametri oggettivi, non possono essere escluse, in assenza di una precisa disposizione di legge al riguardo, dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
Al fine di non far concorrere il rimborso spese alla determinazione del reddito di lavoro dipendente, l’Agenzia delle Entrate con risposta ad interpello n. 314 del 30/4/2021 ha affermato che sia necessario adottare un criterio analitico di determinazione dell’entità del rimborso da attribuire al lavoratore in smart working, che permetta di determinare per ciascuna tipologia di spesa (quali, ad esempio, l’energia elettrica, il riscaldamento, la connessione internet, etc.), la quota standard di costi risparmiati dalla società, che, invece, sono stati sostenuti dal dipendente, in maniera tale da poter considerare la stessa quota (in valore assoluto) di costi rimborsati a tutti i dipendenti riferibile a consumi sostenuti nell’interesse esclusivo del datore di lavoro.